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sabato 22 settembre 2012

Review - DRAGONHEART

Nella Britannia altomedievale, per la precisione nell’anno 985, un cavaliere di nome Bowen sta addestrando Einon, il giovane figlio di uno dei tanti reucci. Nella sconsideratezza tipica della giovinezza, il giovane decide di assistere il padre a schiacciare una ribellione di contadini affamati, durante la quale rimane gravemente ferito al cuore. Disperati, la madre e il maestro decidono di chiedere aiuto al vecchio drago che riposa nella caverna limitrofa, il quale gli dona metà del suo cuore dopo aver fatto giurare ad Einon di rispettare e preservare l’Antico Codice cavalleresco ereditato da Re Artù, giuramento che viene quasi immediatamente disatteso. Bowen, convinto che la causa sia stata la malvagità intrinseca del drago, giura vendetta nei suoi confronti e diventando un ammazza draghi.


DragonHeart è un film coraggioso. In anni dove il fantasy era ingiustamente considerato uno squallido balocco per bambini porta su schermo una storia solo apparentemente infantile. Questo calma le acque all’esterno e all’interno si sviluppa pian piano realizzando un’ideale classico ma azzeccato di laica clemenza e giustizia, mettendo in campo un drago che, nato cattivo, supera e vince la propria natura di malvagità per fare del bene alla razza umana, che nonostante la sua violenza e la sua acerbità non è diversa da come lui stesso era stato. Eppure, nonostante questa profondità per niente ovvia, il film non trascura il proprio lato leggero, sviluppando momenti e personaggi che risultano così arguti e divertenti, oltre che dissacranti nei confronti dello stesso genere fantasy. Gli attori in tal senso fanno molto bene il loro lavoro e presentano un buonissimo lavoro di immedesimazione, che soffre però decisamente della successione delle scene, eccessivamente sagomate e dotate di stacchi troppo netti specialmente all’inizio. Comprendendo questo come precisa scelta registica per non appesantire  troppo narrazione o durata, va tuttavia osservato che in tal modo si perde paradossalmente di fluidità e costruzione nei particolari della trama, cose che invece dovevano godere di una cura al limite del certosino considerando il genere. In parte questo viene comunque compensato da alcune sequenze molto ispirate, come un interludio notturno e il finale, triste ma decisamente epico.


Il regista porta in vita sullo schermo un mondo originale eppure familiare, vivo e pulsante nonché rispettoso dei precisi sostrati culturali a cui fa riferimento. Utilizzando le selvagge location slovacche il film ricostruisce un medioevo di stampo gallese lontano da corazze lucide e mantelli che svolazzano, credibile proprio nel suo essere straccione e fangoso, miscuglio indistinguibile di ingiustizia e ideali cavallereschi, dolore e rivalsa, dominatori e dominati, contorniato da castelli fatti di pietre a momenti attaccate con lo sputo. Il drago animato dall’Industrial Light & Magic, stessi artisti di Jurassik Park, presenta per essere gli anni Novanta un livello di dettaglio allarmante, ingannando egregiamente la telecamera che fa apparire la plastica di cui è fatto quasi vera.
Incredibile il lavoro svolto dal punto di vista audio: grande plauso va fatto alla carismatica e insostituibile voce di Gigi Proietti nel suo interpretare proprio il suddetto drago, oltre alle musiche eterogenee ed ispirate, capaci di rendere le scene finali potenti ed espressive così come di fornire un commento scanzonato e giullaresco.

Concludendo, senza dubbio si può affermare che questo film convince oltre ogni più rosea aspettativa. Il livello di dettaglio e attenzione dedicatigli nel processo creativo ha ripagato sfornando un film preciso, puntuale, coinvolgente ed efficace, oltre che profondamente ragionato. Unici nei sono un montaggio che tenta di mettere fuori gioco il fattore noia sacrificando durata e la qualità recitativa degli attori, che conseguentemente a questo non acquisiscono tutto lo spazio che meritano esattamente come le scene di battaglia, che pur funzionando mancano di quelle riprese dall’alto capaci di fornire quel tocco speziato in più.
Al di là di questo e degli inutili sequel scadenti prodotti negli anni a venire, il film merita comunque considerazione non solo da parte degli appassionati, ma anche e soprattutto da parte dei non avvezzi, in quanto massimo esponente del cinema fantasy antecedente a Il Signore degli Anelli.


Voto: 4.0/5



Cavaliere Bardo 29/5/2765

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