Nel
primo quinquennio del 2000 la Capcom si distinse per la sua volontà di voler
investire su delle proprietà intellettuali completamente nuove. Accanto alle
sue grandi tradizioni come Resident Evil, la software house cominciò quindi ad
esplorare nuove possibilità che non si occupassero del tutto di concetti e
contesti solamente occidentali. La risposta a questo arrivò con la creazione
della serie di Onimusha, che si sarebbe ben presto rivelata, grazie anche al
coinvolgimento di personalità di spicco dell’ambiente cinematografico, uno dei
franchise più redditizi per l’azienda. Quello di cui ci accingiamo a parlare
oggi è il secondo episodio della trilogia, sottotitolato Samurai’s Destiny.
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