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sabato 25 maggio 2013

Retrospettiva DYNASTY WARRIORS - Parte 2


Bentornati all’angolo retrospettive della Bottega! In questa seconda parte dedicata a Dynasty Warriors ci occuperemo del periodo moderno del brand, caratterizzato da un ampliamento dei formati, qualche passo falso ma anche da notevoli spinte di innovazione.
DYNASTY WARRIORS 4
Rilasciato per la prima volta nel febbraio 2003 e in seguito arrivato in Europa a giugno dello stesso anno, Dynasty Warriors 4 continuò ad assodare le fondamenta del proprio gameplay. Vennero introdotti gli attacchi caricati anche in volo, aggiustando allo stesso tempo la cadenza di premuta dei tasti per quelli pesanti. Un ulteriore cambiamento si ebbe nel sistema di gestione delle armi: ora il danno delle stesse sarebbe aumentato con il loro uso, fino ad un massimo di 10 livelli di potenza. Per quanto riguarda il cast, vennero aggiunti tre nuovi personaggi: Cao Ren figlio di Cao Cao, Zhou Tai luogotenente dei Wu e Yue Ying, la moglie di Zhuge Liang. Da un punto di vista narrativo l’introduzione più importante fu tuttavia un’altra, ovvero la differenziazione delle storie e dei personaggi in base alla fazione di loro appartenenza, correlate da campagne dedicate a singoli personaggi come Lu Bu e Dong Zhuo. Graficamente non si registrano particolari miglioramenti, abbiamo un nuovo aumento degli effetti di luce e del dettaglio delle texture, ma l’insistente presenza del solito nebbione a pochi metri di distanza generò cascate di critiche, così come le animazioni legnose. Oltre ad essere per la prima volta tradotto anche in italiano almeno nei sottotitoli, questo quarto capitolo fu anche il primo ad essere convertito per PC in Europa: la suddetta versione, chiamata Dynasty Warriors 4 Hyper, si dimostrò ben presto la migliore presente sul mercato, in quanto capace di eliminare la nebbia sul campo di battaglia e con un potenziamento dell’IA delle truppe.

DYNASTY WARRIORS 5
L’ultima iterazione del brand sulla PlayStation 2 porta la data di febbraio-giugno 2005. La copertina già diceva tutto: si sarebbe tornati ad un’impostazione totalmente incentrata sulle singole storie, ciascuna raccontata in prima persona dall’ufficiale interessato. Il gameplay, ormai rodato, non venne assolutamente stravolto: l’unico cambiamento fu il prolungamento delle serie di combo, ora esteso fino a 7-8 colpi consecutivi. Scartato il sistema di potenziamento delle singole armi, si tentò la via del loro peso, influente sulla velocità di attacco. Vennero inoltre eliminate le guardie del corpo multiple, in favore di un singolo alleato liberamente intercambiabile prima di ogni battaglia e reclutabile spendendo i denari trovati sul campo.
Ma è sul fronte grafico che si registrarono i maggiori miglioramenti: dopo un’intera generazione i tecnici Koei riuscirono finalmente a togliere la fastidiosissima nebbia di guerra che li aveva accompagnati per tutti questi anni, mantenendo al contempo un livello di dettaglio pari (se non superiore) agli episodi precedenti. L’utilizzo con un certo criterio del motion capture, inoltre, permise animazioni decisamente più fluide ed ispirate, di chiara ispirazione cinematografica.
Nonostante il sistema efficace e solido, tanto da essere palesemente riciclato nel secondo capitolo della serie parallela Samurai Warriors, i consensi di critica e pubblico si mantennero tiepidi. Il gioco vendette, ma la critica che venne maggiormente mossa a Koei fu quella di non aver voluto osare, limitandosi semplicemente ad un boost grafico notevole ma fine a sé stesso.

DYNASTY WARRIORS 6
La Koei rimise le mani sulla propria creatura per la seconda volta, un lavoro che durò ben due anni e mezzo e segnò il passaggio all’allora next-gen di console. Per Dynasty Warriors 6, uscito in Giappone a novembre 2007 e l’anno successivo nel resto del mondo, il gameplay venne rifatto completamente da capo. Venne messo a punto il cosiddetto Sistema Renbu, che assegnava agli attacchi un danno direttamente proporzionale alla durata della combo, con nessuna limitazione alla durata della stessa. A fronte di un sistema di armi molto semplificato venne invece adottato un sistema di crescita ad albero unico per ciascun personaggio, con potenziamenti da sbloccare utilizzando i vari punti esperienza accumulati: venne inoltre ripensato il concept generale dei campi di battaglia, togliendo i punti di respawn fissi di avversari e introducendo un blando sistema di conquista delle basi tramite lo sfondamento delle difese e il combattimento quasi strada per strada, con tanto di obiettivi facoltativi per ogni missione che se portati a termine donavano esperienza extra. Un sistema quindi molto profondo e variegato, a cui però era stata sacrificata tutta l’accessibilità che aveva caratterizzato il brand fino a quel momento.
Graficamente la next-gen non venne sfruttata a dovere: le animazioni risultavano sì pregevoli, grazie ad un uso ancora più massiccio del motion-capture che faceva assomigliare le movenze a quelle dei classici film di arti marziali, ma per il dettaglio generale ci si limitò a portare in HD la generazione precedente. La decisione di aumentare il numero di elementi a schermo, poi, ebbe la sfortuna di causare fastidiosi rallentamenti del motore grafico nelle situazioni affollate. Questo, unito all’aumento generale della difficoltà e la limitazione dei salvataggi, che talvolta obbligava a ripetere sezioni di ore intere, fecero classificare questo sesto capitolo della saga come un esperimento riuscito solo in parte oltre che apprezzato da pochi. Da segnalare l’incremento di qualità delle musiche, ora orecchiabilissime, e finalmente i sottotitoli in italiano.

E anche questo episodio della Retrospettiva è andato. Nel prossimo episodio parleremo del presente della serie, oltre che del suo futuro. Grazie della lettura e continuate a seguirci!

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