Inutile negarlo: chiunque è passato per la prima
PlayStation è passato per Final Fantasy
VIII. Rilasciato nel 1998 con maestosa potenzialità, maestoso hype, la
traduzione italiana e tutto il resto, questo prodotto è stato il modo
con cui la maggior parte di noi ha conosciuto il gioco di ruolo
alla giapponese in una veste comprensibile. Ma un qualcosa, che per alcuni sarà il senno di poi,
per altri il gusto di fare i tombaroli, per altri ancora solo un po’ di
riflessione a freddo sugli avvenimenti, spinge a rivedere quanto sperimentato
con questo gioco. Usciamo dalla mitizzazione del ricordo d’infanzia.
Guardiamolo per bene.
Squall Leonhart è un diciassettenne tenebroso e
incredibilmente arrabbiato che studia (profittevolmente) all'accademia
militare del Garden di Balamb. In eterno conflitto con un insofferente
rivale e completamente chiuso all’interno del proprio muto dolore, la sua vita
cambierà quando sarà costretto a far fronte a vicende più grandi di lui e a
prendersi le proprie responsabilità.
Niente da dire sulla trama, intrattiene. Ti fa giocare e
ti invoglia a continuare, aprendo sapientemente le diverse sezioni del mondo di
gioco, invogliandoti ad esplorare e a cercarne gli anfratti; c’è qualche
scivolata quando collega eventi micro e macro ma
niente di preoccupante.
Fin qui tutto bene. Infatti il difetto sta da un’altra
parte, in quello spettro maligno che ha il nome di stereotipo: i personaggi e
gli eventi non riescono mai a ritagliarsi una fetta decente di storia. Abbiamo quindi la ragazza
gentile ma coraggiosa che tanto fa tenerezza, lo scavezzacollo, l’insegnante
disillusa, l'innocente e gioviale fino all’irritazione. Di
caratterizzazione psicologica vera e propria non ce n’è tanta, le uniche
eccezioni sono rappresentate dal protagonista, approfondito paradossalmente a causa della sua natura più di tutti stereotipata, e il buon
Laguna Loire, ex soldato divenuto giornalista che si comanderà in flashback
prestabiliti.
La Squaresoft voleva innovare ancora di più con questo
episodio, anche dal punto di vista del gameplay propriamente detto. Ovviamente
il fulcro di tutto rimane sempre lo stesso: l’esplorazione degli ambienti, la
world-map, i vari mezzi di trasporto. Il segno vero di
quanto fossero realmente ripartiti da zero sta però nel combattimento, nel
neonato sistema Junction tutto basato sulle invocazioni. Legando una delle
numerosissime creature ad un personaggio potremo personalizzarlo nei punti
deboli, in quelli forti e persino nei comandi da scegliere in battaglia, oltre
a far crescere entrambi proporzionalmente. Contemporaneamente sparisce anche la
gestione degli equipaggiamenti, ridotta alla sola arma, e viene introdotto un
sistema di potenziamento della stessa basato sulla combinazione di oggetti
ottenuti dai nemici. Ultima cosa, viene rimosso il sistema degli MP a
favore dell’assorbimento delle stesse dai nemici e da alcune fonti sparse nelle
aree. Il sistema è notevole ed efficiente, tuttavia gli inconvenienti non
tardano ad arrivare: la gestione dei personaggi risulta in questo modo
inutilmente troppo complessa, con molte lungaggini assolutamente risparmiabili,
cosa che si trascina anche nelle battaglie: esse nella maggior parte dei casi
si ridurranno al continuo utilizzo delle invocazioni, uniche entità realmente
dannose e soprattutto senza particolari sanzioni. Per quanto sia spettacolare
all’inizio, rivedere le stesse animazioni sempre uguali migliaia di
volte fa scemare non poco l’entusiasmo del loro utilizzo.
Fin dall’inizio, Final
Fantasy VIII stupisce. Lo fa con la potenza della computer grafica contornata da melodie e liriche che
sembrano prese di peso da chissà quale opera del Settecento. L’impatto visivo è
semplicemente spettacolare: grafica pre-renderizzata dettagliatissima,
personaggi finalmente autenticamente umani. Da segnalare il
senso di grandiosità della CG, una sensazione
di colossale che prima si era vista precedentemente solo accennata, anche se
magistralmente, sulle due dimensioni. Il problema, anche qui, sta da un’altra
parte: è il design. Gli eroi e i personaggi secondari sono tutti equivalenti,
tutti alti uguali, tutti longilinei, tutti fin troppo simili tra di loro, tutti
dagli abiti troppo elaborati, luccicanti, da stilisti. Le ambientazioni
tracciano una serie di scenari che ormai vedono la fantascienza prevalere sullo
steampunk fantastico, dipingendo forme arrotondate, gusto vintage, edifici
quadrati di militarismo. Qualcosa con un retrogusto di anonimo, di
eccessivamente liceale.
Musica che vede un Nobuo Uematsu un po’ meno ispirato del
solito, a parte le due pregevolissime canzoni portanti cantate in latino la
prima e in inglese la seconda, i temi composti sono nella sua media ma senza
slanci, anzi a volte risultano pure un poco sonnolenti. Nota di plauso va fatta
alla traduzione, capace di trasmettere tutti i toni e le sfumature grazie ad
una intelligente scelta di tradurre direttamente dal giapponese, aggirando
l’infantilizzante traslazione fatta per l’inglese.
In definitiva quindi Final
Fantasy VIII risente di scelte di design e di sperimentazione che lo fanno
classificare come un esperimento riuscito purtroppo solo a metà. Obiettivamente
non è assolutamente da buttare, è un prodotto degno di ogni giocatore che si
rispetti, ma dopo la maturità artistica raggiunta dal
settimo e prima di lui dal sesto c’è un po’ di amaro in bocca. Final Fantasy VIII è grande, grosso,
longevo e spettacolare, peccato che queste cose siano tutte sulla grafica e non
su una trama portante decente. I giocatori più casuali probabilmente lo
ameranno, quelli con un po’ di esperienza potrebbero sentirsi traditi dal fatto
che, a parte la grafica e un paio di personaggi, lascia ben poco nel cuore.
Voto 70/100
Scheda Tecnica
Casa Squaresoft
| Sviluppatore: Squaresoft |
Distributore Halifax | Formati
Disponibili PlayStation, PC |
Formato Esaminato PlayStation |
Prezzo N.D. | Specifiche tecniche 1 Giocatore, 1 Blocco su Memory Card, compatibile
controller analogico con levette, compatibile vibrazione | Multigiocatore Non presente | Età consigliata 11+ (ELSPA), 12+ (PEGI)
Nessun commento:
Posta un commento