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venerdì 19 ottobre 2012

Review - THE ELDER SCROLLS V: SKYRIM


Le premesse scatenate da quel primo, epico teaser trailer con il tema portante corale cantato in una lingua ancora incomprensibile al mondo intero non potevano apparire più ovvie: il quinto capitolo della saga The Elder Scrolls aveva compulsive manie di grandezza. Voleva prendere tutto quello che la saga era stata fino a quel momento ed elevarlo a nuova tavola periodica degli elementi del gioco di ruolo perfetto. Undici mesi dopo quel trailer, undici mesi che sono sembrati più lunghi dei cinque anni passati da Oblivion, esattamente l’11 Novembre 2011, The Elder Scrolls V: Skyrim fu finalmente a disposizione di tutti i videogiocatori. Undici mesi e cento ore di gioco dopo, se ne può tentare un’analisi.



Sono passati circa duecento anni dagli avvenimenti del quarto capitolo. L’Impero Tamriel ha perso una guerra su larga scala contro il vicino Stato elfico dei Thalmor, che hanno imposto loro di bandire il culto di Talos, leggendario eroe nordico. Questa decisione ha comportato in Skyrim, la regione più a nord dell’Impero, la nascita di un movimento separatista detto Manto della Tempesta. Ma tutto questo all’inizio non vi riguarda: siete un prigioniero che ha oltrepassato clandestinamente il confine per Skyrim ed è stato catturato assieme ad altri due uomini. Uno di essi, Ulfric, sembra essere uno importante. La creazione del personaggio viene così elegantemente introdotta, permettendovi di personalizzare nei minimi dettagli il vostro alter-ego in ogni dettaglio somatico e anche nella corporatura. La vostra esecuzione verrà però interrotta da cause di forza maggiore e, dopo una rocambolesca quanto accelerata fuga che funge da tutorial, vi ritroverete liberi.

Da qui, è tutto nelle vostre mani. Potrete decidere di seguire la trama portante, dare il vostro contributo nella guerra civile, unirvi alle gilde, o semplicemente girovagare impavidamente in cerca di avventure, di storie, di eventi. Niente vi sarà precluso o inaccessibile, e soprattutto non avrete vincoli temporali né nell’acquisire un compito né nel portarlo a termine. Tutte cose ormai standard nella serie, tuttavia vi sono alcuni importanti cambiamenti: il sistema di crescita del personaggio è stato totalmente rifatto, eliminando sia i classici attributi come Forza, Destrezza eccetera sia lo scomodo sistema di classi: adesso sono rimaste solo le abilità, che crescono in maniera proporzionale al loro uso; ad ogni avanzamento di livello sceglieremo di aumentare di dieci punti salute, energia magica o energia fisica e ci verrà assegnato un punto abilità da spendere in ciascun ramo di specializzazione, rappresentato come le stelle di una costellazione. Addio quindi alle scelte prese a tavolino, in favore di un sistema basato su nient’altro che le azioni compiute. La scelta più importante rimane comunque la razza, che vi renderà più o meno predisposti verso una certa specializzazione, comunque non in modo tale da precludervi una qualsiasi delle altre strade.

Il secondo cambiamento è la presenza degli Urli, abilità svincolata da magia o abilità fisica che avrete a disposizione in qualità di Dovahkin, cioè Sangue di Drago: leggendo parole specifiche nell’antica scrittura cuneiforme di tali rettiloidi acquisirete capacità sovrannaturali equivalenti a quelle dei draghi che affronterete. E sono proprio questi combattimenti, seppur legati ad uno schema predefinito, a risultare la parte più epica e riuscita del titolo, oltre che il punto bellico più alto mai raggiunto dalla saga: la loro grandezza, la loro aggressività e la loro potenza, costantemente parificata alla nostra, regalerà momenti di potente eroicità in puro stile high-fantasy.


Ci vorrà un po’ per capirlo, ma alla fine si arriverà alla ragione che ha provocato quella sgradevole sensazione di frettolosità quando si stava giocando l’incipit: Skyrim è un gioco che per avere un significato deve lasciare del tutto la mano al giocatore e spedirlo ad arrangiarsi da solo nel trovare nel mondo nuove situazioni e nuovi metodi per risolverle. Non introduce una novità nel gameplay imponendola con delicatezza, come è divenuta consuetudine in questa generazione videoludica, e neppure suggerisce nulla: sono i giocatori che devono uscire dal seminato e cercare nuovi approcci anche antitetici a quanto fatto precedentemente, come un berserker che si mette a scassinare serrature. Quindi l’essenza del tutto è questa: non conta il passato, simboleggiato dagli equipaggiamenti che il vostro personaggio indosserà e dai cimeli che si accumuleranno nello zaino, ma è la stessa aspirazione, la tensione per quello che verrà dopo a rendere stimolante, totalizzante nonché assolutamente non dispersivo il girare per il mondo virtuale. Lo spazio c’è, il tempo pure, basta prendere un po’ di coraggio e sperimentare. Un’impostazione che copre molto bene le lacune della narrazione principale: il luogo comune che una volta che in un’opera si cominciano a giocare le carte canoniche del fantasy come i draghi, il piglio narrativo ne esca debilitato trova purtroppo qui una nuova conferma. Nonostante il grande coinvolgimento, ci si ritrova ad interpretare sempre la solita saga del superuomo predestinato a grandi imprese per decisione più o meno divina.

Graficamente, siamo davanti ad uno dei rari casi in cui il design vince praticamente da solo: i sublimi, indescrivibili panorami sono incredibili, la simbologia è coerente e curatissima, la messa in scena possente e disegnata in maniera ineccepibile, in uno stato di grazia in stile vichingo potente ed ispirato. La verosimile atmosfera si riscontra nella foggia di edifici e costumi, nell’uso di termini specifici, nell’unicità di ogni singola visione d’insieme. La cura per ogni dettaglio sia a livello micro che macroscopico è impressionante, nulla è lasciato al caso. In termini di potenza bruta, invece, siamo palesemente indietro di qualche anno: ci sono tantissime texture in bassa risoluzione, bump mapping che da vicino restituiscono uno sgradevole effetto pixel, c’è riciclo di animazioni da Fallout e diverse imperfezioni grafiche sul calcolo delle collisioni. Ci sono ancora caricamenti tra le aree ma è encomiabile lo sforzo tecnico di voler mettere insediamenti maggiori non separate dalle zone selvagge. L’unico miglioramento riscontrabile è una migliore resa degli effetti atmosferici e il notevolissimo livello di dettaglio dei draghi. Non mancano tuttavia i bug, ma non compromettono l’esperienza totale e soprattutto sono molto pochi considerando la vastità dell’insieme.


Effettistica di livello e buonissimo doppiaggio in italiano, che però non raggiunge l’ottimo a causa di alcune traduzioni piuttosto forzate (come sulle canzoni); è comunque impressionante che il gioco sia stato interamente doppiato visto il quantitativo abnorme di dialoghi. Musica gigantesca, che riesce ad essere prima epica durante i combattimenti e dopo accompagnare l’esplorazione, i dialoghi e il commercio in modo sottile e delicato, nascondendo elegantemente il suo ruotare una volta di troppo attorno allo stesso tema.

Ovviamente, non si può dubitare sulla longevità: questo è un gioco fatto con la precisa intenzione di durare per dei mesi e centinaia di ore, pieno com’è di cose da fare, sperimentare, collezionare e scoprire. Grazie al sistema Radiant Quest, che permette al programma di calcolare missioni al volo da alcune variabili fisse, potrete trovare qualcosa da fare anche quanto avete finito tutto il resto.

Valutare un gioco come The Elder Scrolls V: Skyrim non è per niente semplice. Da un lato l’estrema vecchiaia del concept si fa sentire, dall’altro vi sono dei meriti e delle qualità che solo l’esperienza sa realizzare. Al di là di quelli grafici, infatti, di difetti veri e propri ce ne sono solo nella natura stessa del gioco, nella sua concezione di un mondo virtuale che esiste solo in funzione del giocatore. Volendolo spiegare con una metafora scacchistica, non è un pedone che diviene alfiere, ma un alfiere dalla nascita, con tutti gli inconvenienti che questo comporta. E la decisione di puntare su di un gameplay ancora più apertamente sandbox dei precedenti si fa sentire tutta nella trama in fondo abbastanza scontata, nei numerosi glitch e negli evidenti, enormi sacrifici in termini grafici. Ma si deve capire che il livello di dettaglio, il numero dei poligoni mossi, la qualità delle texture sono solo accessori: è nelle centinaia di storie, piccole e grandi, e nel loro intrecciarsi coerentemente nel contesto totale, che sta la grandezza. E’ nello scoprirle e crearne di proprie nel mondo virtuale che sta il divertimento, l’intrattenimento. Questo è Skyrim, non la grafica.


Voto: 90/100


Cavaliere Bardo 19/10/2765

Scheda Tecnica

Casa Bethesda | Sviluppatore: Bethesda Softworks | Distributore ZeniMax Media Company | Formati Disponibili PlayStation 3, Xbox 360, PC (versione scatolata e digital delivery via Steam) | Formato Esaminato PlayStation 3 | Prezzo € 49,90 (PC), € 59,90 (PS3/Xbox 360) | Specifiche tecniche 1 Giocatore, 4376 MB HD, Compatibile controller analogico, compatibile HD 720p, funzionalità di rete | Lingua Italiano (testo a schermo, sottotitoli, parlato) | Multigiocatore Non presente | Età consigliata 18+

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