Le premesse scatenate da quel primo, epico teaser trailer
con il tema portante corale cantato in una lingua ancora incomprensibile al
mondo intero non potevano apparire più ovvie: il quinto capitolo della saga The Elder Scrolls aveva compulsive manie
di grandezza. Voleva prendere tutto quello che la saga era stata fino a quel
momento ed elevarlo a nuova tavola periodica degli elementi del gioco di ruolo
perfetto. Undici mesi dopo quel trailer, undici mesi che sono sembrati più lunghi
dei cinque anni passati da Oblivion,
esattamente l’11 Novembre 2011, The Elder
Scrolls V: Skyrim fu finalmente a disposizione di tutti i videogiocatori. Undici
mesi e cento ore di gioco dopo, se ne può tentare un’analisi.
Sono passati circa duecento anni dagli avvenimenti del
quarto capitolo. L’Impero Tamriel ha perso una guerra su larga scala contro il
vicino Stato elfico dei Thalmor, che hanno imposto loro di bandire il culto di
Talos, leggendario eroe nordico. Questa decisione ha comportato in Skyrim, la
regione più a nord dell’Impero, la nascita di un movimento separatista detto
Manto della Tempesta. Ma tutto questo all’inizio non vi riguarda: siete un
prigioniero che ha oltrepassato clandestinamente il confine per Skyrim ed è
stato catturato assieme ad altri due uomini. Uno di essi, Ulfric, sembra essere
uno importante. La creazione del personaggio viene così elegantemente
introdotta, permettendovi di personalizzare nei minimi dettagli il vostro
alter-ego in ogni dettaglio somatico e anche nella corporatura. La vostra
esecuzione verrà però interrotta da cause di forza maggiore e, dopo una
rocambolesca quanto accelerata fuga che funge da tutorial, vi ritroverete
liberi.
Da qui, è tutto nelle vostre mani. Potrete decidere di
seguire la trama portante, dare il vostro contributo nella guerra civile,
unirvi alle gilde, o semplicemente girovagare impavidamente in cerca di
avventure, di storie, di eventi. Niente vi sarà precluso o inaccessibile, e
soprattutto non avrete vincoli temporali né nell’acquisire un compito né nel
portarlo a termine. Tutte cose ormai standard nella serie, tuttavia vi sono
alcuni importanti cambiamenti: il sistema di crescita del personaggio è stato
totalmente rifatto, eliminando sia i classici attributi come Forza, Destrezza
eccetera sia lo scomodo sistema di classi: adesso sono rimaste solo le abilità,
che crescono in maniera proporzionale al loro uso; ad ogni avanzamento di
livello sceglieremo di aumentare di dieci punti salute, energia magica o
energia fisica e ci verrà assegnato un punto abilità da spendere in ciascun
ramo di specializzazione, rappresentato come le stelle di una costellazione.
Addio quindi alle scelte prese a tavolino, in favore di un sistema basato su
nient’altro che le azioni compiute. La scelta più importante rimane comunque la
razza, che vi renderà più o meno predisposti verso una certa specializzazione,
comunque non in modo tale da precludervi una qualsiasi delle altre strade.
Il secondo cambiamento è la presenza degli Urli, abilità
svincolata da magia o abilità fisica che avrete a disposizione in qualità di Dovahkin, cioè Sangue di Drago: leggendo
parole specifiche nell’antica scrittura cuneiforme di tali rettiloidi
acquisirete capacità sovrannaturali equivalenti a quelle dei draghi che
affronterete. E sono proprio questi combattimenti, seppur legati ad uno schema
predefinito, a risultare la parte più epica e riuscita del titolo, oltre che il
punto bellico più alto mai raggiunto dalla saga: la loro grandezza, la loro
aggressività e la loro potenza, costantemente parificata alla nostra, regalerà
momenti di potente eroicità in puro stile high-fantasy.
Ci vorrà un po’ per capirlo, ma alla fine si arriverà
alla ragione che ha provocato quella sgradevole sensazione di frettolosità
quando si stava giocando l’incipit: Skyrim
è un gioco che per avere un significato deve lasciare del tutto la mano al
giocatore e spedirlo ad arrangiarsi da solo nel trovare nel mondo nuove
situazioni e nuovi metodi per risolverle. Non introduce una novità nel gameplay
imponendola con delicatezza, come è divenuta consuetudine in questa generazione
videoludica, e neppure suggerisce nulla: sono i giocatori che devono uscire dal
seminato e cercare nuovi approcci anche antitetici a quanto fatto
precedentemente, come un berserker che si mette a scassinare serrature. Quindi
l’essenza del tutto è questa: non conta il passato, simboleggiato dagli
equipaggiamenti che il vostro personaggio indosserà e dai cimeli che si accumuleranno
nello zaino, ma è la stessa aspirazione, la tensione per quello che verrà dopo
a rendere stimolante, totalizzante nonché assolutamente non dispersivo il
girare per il mondo virtuale. Lo spazio c’è, il tempo pure, basta prendere un
po’ di coraggio e sperimentare. Un’impostazione che copre molto bene le lacune
della narrazione principale: il luogo comune che una volta che in un’opera si
cominciano a giocare le carte canoniche del fantasy come i draghi, il piglio
narrativo ne esca debilitato trova purtroppo qui una nuova conferma. Nonostante
il grande coinvolgimento, ci si ritrova ad interpretare sempre la solita saga
del superuomo predestinato a grandi imprese per decisione più o meno divina.
Graficamente, siamo davanti ad uno dei rari casi in cui
il design vince praticamente da solo: i sublimi, indescrivibili panorami sono
incredibili, la simbologia è coerente e curatissima, la messa in scena possente
e disegnata in maniera ineccepibile, in uno stato di grazia in stile vichingo
potente ed ispirato. La verosimile atmosfera si riscontra nella foggia di
edifici e costumi, nell’uso di termini specifici, nell’unicità di ogni singola
visione d’insieme. La cura per ogni dettaglio sia a livello micro che
macroscopico è impressionante, nulla è lasciato al caso. In termini di potenza
bruta, invece, siamo palesemente indietro di qualche anno: ci sono tantissime
texture in bassa risoluzione, bump mapping che da vicino restituiscono uno
sgradevole effetto pixel, c’è riciclo di animazioni da Fallout e diverse imperfezioni grafiche sul calcolo delle
collisioni. Ci sono ancora caricamenti tra le aree ma è encomiabile lo sforzo
tecnico di voler mettere insediamenti maggiori non separate dalle zone
selvagge. L’unico miglioramento riscontrabile è una migliore resa degli effetti
atmosferici e il notevolissimo livello di dettaglio dei draghi. Non mancano
tuttavia i bug, ma non compromettono l’esperienza totale e soprattutto sono
molto pochi considerando la vastità dell’insieme.
Effettistica di livello e buonissimo doppiaggio in
italiano, che però non raggiunge l’ottimo a causa di alcune traduzioni
piuttosto forzate (come sulle canzoni); è comunque impressionante che il gioco
sia stato interamente doppiato visto il quantitativo abnorme di dialoghi.
Musica gigantesca, che riesce ad essere prima epica durante i combattimenti e
dopo accompagnare l’esplorazione, i dialoghi e il commercio in modo sottile e
delicato, nascondendo elegantemente il suo ruotare una volta di troppo attorno
allo stesso tema.
Ovviamente, non si può dubitare sulla longevità: questo è
un gioco fatto con la precisa intenzione di durare per dei mesi e centinaia di
ore, pieno com’è di cose da fare, sperimentare, collezionare e scoprire. Grazie
al sistema Radiant Quest, che
permette al programma di calcolare missioni al volo da alcune variabili fisse, potrete
trovare qualcosa da fare anche quanto avete finito tutto il resto.
Valutare un gioco come The Elder Scrolls V: Skyrim non è per niente semplice. Da un lato
l’estrema vecchiaia del concept si fa sentire, dall’altro vi sono dei meriti e
delle qualità che solo l’esperienza sa realizzare. Al di là di quelli grafici,
infatti, di difetti veri e propri ce ne sono solo nella natura stessa del
gioco, nella sua concezione di un mondo virtuale che esiste solo in funzione
del giocatore. Volendolo spiegare con una metafora scacchistica, non è un
pedone che diviene alfiere, ma un alfiere dalla nascita, con tutti gli
inconvenienti che questo comporta. E la decisione di puntare su di un gameplay
ancora più apertamente sandbox dei
precedenti si fa sentire tutta nella trama in fondo abbastanza scontata, nei
numerosi glitch e negli evidenti, enormi sacrifici in termini grafici. Ma si
deve capire che il livello di dettaglio, il numero dei poligoni mossi, la
qualità delle texture sono solo accessori: è nelle centinaia di storie, piccole
e grandi, e nel loro intrecciarsi coerentemente nel contesto totale, che sta la
grandezza. E’ nello scoprirle e crearne di proprie nel mondo virtuale che sta
il divertimento, l’intrattenimento. Questo è Skyrim, non la grafica.
Voto: 90/100
Cavaliere Bardo 19/10/2765
Scheda Tecnica
Casa Bethesda
| Sviluppatore: Bethesda Softworks |
Distributore ZeniMax Media Company |
Formati Disponibili PlayStation 3, Xbox
360, PC (versione scatolata e digital delivery via Steam) | Formato
Esaminato PlayStation 3 | Prezzo € 49,90 (PC), € 59,90 (PS3/Xbox 360) |
Specifiche tecniche 1 Giocatore, 4376 MB
HD, Compatibile controller analogico, compatibile HD 720p, funzionalità di rete | Lingua Italiano (testo a schermo, sottotitoli,
parlato) | Multigiocatore Non presente
| Età consigliata 18+
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