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mercoledì 10 luglio 2013

Riflessione - JAMES HELLER


La Bottega oggi vi propone una riflessione gemella, in tandem con il blog http://videogame-review.blogspot.it/ dell'amico e collega Leon.

L’ultima frase di Alex Mercer nel primo Prototype era “Cosa sono diventato? Qualcosa di meno di un essere umano… Ma anche qualcosa di più”.
Queste erano le giuste premesse per un seguito. Ma gli ormai sciolti Radical Entertainment non si lasciarono abbindolare, e per Prototype 2 si impegnarono per uno sconvolgente capovolgimento di fronte. L’ambientazione rimase la stessa, ma cambiarono protagonista: questa volta impersoniamo non un virus senziente che non sa di esserlo, bensì un essere umano perfettamente consapevole. La maturità del brand si manifesta dallo stesso prologo, ora non più una distruzione insensata di 10 minuti ma una storia ben precisa di ben 40, che mostra il background di Heller e le sue ragioni per andare a caccia di Mercer, qui divenuto villain.


 
Una cosa che comprensibilmente, non è piaciuta a tutti. Ma a chi vi scrive decisamente sì. L’approfondimento del background rende Heller un personaggio di spessore, condivisibile. Assolutamente stereotipato, questo è vero, ma proprio per questo comune, empatico. Al contrario del prevalere in un obiettivo egoistico di sopravvivenza e di riottenimento dei ricordi, andando quasi alla cieca, il sergente James Heller sa esattamente quello che vuole, in parte anche dove andare a trovarlo. Ha una famiglia da riunire, dei comprimari da proteggere, una vendetta da compiere. E’ animato da un sincero risentimento nei confronti dell’autorità, qui rappresentata dagli estremisti della Blackwatch, che quando è stato contagiato prima lo hanno usato come topo da laboratorio e dopo, quando hanno scoperto che il topo mordeva, hanno cercato di incenerirlo come una scarpa vecchia in una discarica.

E nonostante tutta la rabbia che lo anima, non è un bruto. Evita quando possibile i danni collaterali, cerca di salvare i civili e non di ignorarli. Nelle ultime fasi di gioco arriva anche a fare distinzioni tra la Blackwatch e i singoli individui che la compongono. Ha capito benissimo che la sua missione sarà qualcosa di amaro da compiere, ma la speranza che un pezzo della sua famiglia sia sopravvissuto lo manda avanti. Quando poi Mercer stesso vaneggia riguardo all’essere una nuova tappa dell’evoluzione, definendo la razza umana come stagnante e morente, Heller rifiuta tutto questo. Nel paradosso dell’acquisizione di superpoteri si mostra in tutta la sua umanità, non rinnegandola bensì esibendo indirettamente orgoglio nell’averla, nel bene e nel male, nella salvazione di sua figlia e di se stesso. La stessa Dana Mercer ha passato il punto di non ritorno e ha capito che ormai Heller è l’unica cosa tra una possibile normalità e un’apocalisse virale.

Prototype 2 non ha ottenuto il successo meritato, troppo oscurato da produzioni seriali, chiamate al dovere e puristi brontoloni. Ma merita, proprio per questa dimensione umana che spesso si tende a dimenticare nel caos delle esplosioni di un fumettone ancora una volta fatto con criterio.


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