Ci
troviamo nella seconda metà degli anni Novanta. La Koei, casa di sviluppo
giapponese famosa per Romance of the
Three Kingdoms, serie di strategici per PC ambientati nella Cina medievale,
decide di produrre uno spin-off di questa serie. Lo scopo dei ragazzi di Omega
Force era mettere insieme un’idea che fosse in grado di piacere anche al
mercato console, da sempre per nulla avvezzo alla strategia a turni: in tal
senso l’action sembrava un buon punto di partenza. Le basi sarebbero rimaste
invariate, sempre il Romanzo dei Tre Regni di Luo Guanzhong, ma senza saperlo gli
Omega Force stavano per far nascere una delle proprietà intellettuali più
longeve di tutta la videoludica contemporanea: Dynasty Warriors. Con l’ottavo capitolo della serie in uscita
proprio a luglio di quest’anno, la Bottega vi invita a ripercorrerne la storia
in questo speciale in 3 parti.
Nonostante
l’originalità del contesto e il gameplay all’epoca solido e divertente, i
consensi del pubblico non furono entusiastici, bollandolo come un
clone dei già citati mostri sacri del genere.
DYNASTY WARRIORS 2
Koei
recepì il messaggio e decise di stravolgere completamente la sua creatura. Anzitutto divise lo studio in due tronconi
distinti: uno incaricato di ripensare completamente da capo DW, l’altro invece al lavoro sul
difficile compito di realizzare uno strategico per console, che avrebbero dato
poi vita alla serie di Kessen. Shin Sangoku Mosou (let. “Verità – I Tre Regni senza Rivali”) vide
la luce ad agosto del 2000 e si impose subito come una dimostrazione di forza
da parte della nuova console Sony, facendole muovere decine di elementi
contemporaneamente e configurando il tutto come il picchiaduro di massa che è
rimasto fino a giorni nostri. Ricevette giudizi migliori rispetto al capitolo
precedente, ma non mancarono le critiche specie a livello tecnico, cui venne
contestata una profondità di orizzonte praticamente nulla e un design piatto
delle ambientazioni.
Anche
in Occidente andò meglio, grazie ad una localizzazione completa di doppiaggio
inglese: venne tuttavia mantenuto il titolo Dynasty Warriors,
creando una discrepanza di numerazione rimasta fino ad oggi.
DYNASTY WARRIORS 3
Con
DW2 Koei aveva centrato il bersaglio,
quindi con il sequel si adoperò per migliorarlo in ogni sua sfaccettatura. Il risultato di questi sforzi creativi venne esposto al mondo nel
2001: Dynasty
Warriors 3 fissava nuovi standard nella serie. Il gameplay, reso ancora più
fluido e tecnico, era affiancato da grafica dei personaggi elaboratissima, un gran
numero di scenari e modalità assieme a più di 40 personaggi da sbloccare man
mano che si avanzava. Anche la narrazione della vicenda faceva grossi passi
avanti, introducendo un doppiaggio inglese integrale e un approfondimento delle
vicende con l’inserimento di una quarta fazione, la tribù Nanban. Acclamato un
po’ da tutti (la rivista Ufficiale PlayStation Magazine Italia lo definì “Grande,
complesso e soddisfacente”), oggi questo terzo capitolo viene riconosciuto come
il raggiungimento della piena maturità da parte del brand, oltre che come il
capitolo più difficile di tutta la serie a causa dell’aggressività delle
truppe.
Il
successo fu tale che da questo punto in poi la Koei prese l’abitudine di
produrre uno spin-off potenziato tra un capitolo ufficiale e l’altro, dandogli
il sottotitolo “Xtreme Legends”. Ma la cosa più rilevante fu che con Dynasty Warriors 3 si prese coscienza
che, nonostante fosse ancora confuso con l’hack
‘n slash, c’era un nuovo genere sul tavolo dell’action videoludico.
Eccoci
quindi alla fine di questa puntata. In questa prima parte abbiamo trattato le
origini del brand, scoprendone le radici nascoste nate sulla leggendaria
console grigia di casa Sony. Nella parte successiva parleremo delle successive
sperimentazioni e dei piccoli rinnovamenti che hanno segnato il brand nel corso
del primo decennio del XXI secolo. Grazie per la lettura e continuate a
seguirci!
Immagini:
http://koei.wikia.com/, www.pcgameswallpapers.com
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