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sabato 11 maggio 2013

Retrospettiva DYNASTY WARRIORS - Parte 1


Ci troviamo nella seconda metà degli anni Novanta. La Koei, casa di sviluppo giapponese famosa per Romance of the Three Kingdoms, serie di strategici per PC ambientati nella Cina medievale, decide di produrre uno spin-off di questa serie. Lo scopo dei ragazzi di Omega Force era mettere insieme un’idea che fosse in grado di piacere anche al mercato console, da sempre per nulla avvezzo alla strategia a turni: in tal senso l’action sembrava un buon punto di partenza. Le basi sarebbero rimaste invariate, sempre il Romanzo dei Tre Regni di Luo Guanzhong, ma senza saperlo gli Omega Force stavano per far nascere una delle proprietà intellettuali più longeve di tutta la videoludica contemporanea: Dynasty Warriors. Con l’ottavo capitolo della serie in uscita proprio a luglio di quest’anno, la Bottega vi invita a ripercorrerne la storia in questo speciale in 3 parti.


DYNASTY WARRIORS
Il capostipite arrivò in Giappone ad inizio 1997 sulla prima PlayStation, con il nome di Sangoku Mosou (letteralmente, “I Tre Regni senza Rivali”). Piuttosto che impegnarsi in un picchiaduro di massa, la Koei aveva deciso di sviluppare un gioco di lotta ad incontri uno contro uno, nella speranza di poter creare un rivale dei ben più blasonati Tekken e Soul Edge. Venne esportato anche in America e in Europa a dicembre dello stesso anno con il titolo che oggi conosciamo, scelto per essere più accattivante nei nostri confronti. La copertina raffigurava 5 dei 10 personaggi giocabili, ovvero Zhao Yun, Xiahou Dun, Guan Yu, Sun Shang Xiang e Zhang Fei, con Lu Bu a fare da boss della modalità arcade.
Nonostante l’originalità del contesto e il gameplay all’epoca solido e divertente, i consensi del pubblico non furono entusiastici, bollandolo come un clone dei già citati mostri sacri del genere.

DYNASTY WARRIORS 2
Koei recepì il messaggio e decise di stravolgere completamente la sua creatura. Anzitutto divise lo studio in due tronconi distinti: uno incaricato di ripensare completamente da capo DW, l’altro invece al lavoro sul difficile compito di realizzare uno strategico per console, che avrebbero dato poi vita alla serie di Kessen. Shin Sangoku Mosou (let. “Verità – I Tre Regni senza Rivali”) vide la luce ad agosto del 2000 e si impose subito come una dimostrazione di forza da parte della nuova console Sony, facendole muovere decine di elementi contemporaneamente e configurando il tutto come il picchiaduro di massa che è rimasto fino a giorni nostri. Ricevette giudizi migliori rispetto al capitolo precedente, ma non mancarono le critiche specie a livello tecnico, cui venne contestata una profondità di orizzonte praticamente nulla e un design piatto delle ambientazioni.
Anche in Occidente andò meglio, grazie ad una localizzazione completa di doppiaggio inglese: venne tuttavia mantenuto il titolo Dynasty Warriors, creando una discrepanza di numerazione rimasta fino ad oggi.


DYNASTY WARRIORS 3
Con DW2 Koei aveva centrato il bersaglio, quindi con il sequel si adoperò per  migliorarlo in ogni sua sfaccettatura. Il risultato di questi sforzi creativi venne esposto al mondo nel 2001: Dynasty Warriors 3 fissava nuovi standard nella serie. Il gameplay, reso ancora più fluido e tecnico, era affiancato da grafica dei personaggi elaboratissima, un gran numero di scenari e modalità assieme a più di 40 personaggi da sbloccare man mano che si avanzava. Anche la narrazione della vicenda faceva grossi passi avanti, introducendo un doppiaggio inglese integrale e un approfondimento delle vicende con l’inserimento di una quarta fazione, la tribù Nanban. Acclamato un po’ da tutti (la rivista Ufficiale PlayStation Magazine Italia lo definì “Grande, complesso e soddisfacente”), oggi questo terzo capitolo viene riconosciuto come il raggiungimento della piena maturità da parte del brand, oltre che come il capitolo più difficile di tutta la serie a causa dell’aggressività delle truppe.
Il successo fu tale che da questo punto in poi la Koei prese l’abitudine di produrre uno spin-off potenziato tra un capitolo ufficiale e l’altro, dandogli il sottotitolo “Xtreme Legends”. Ma la cosa più rilevante fu che con Dynasty Warriors 3 si prese coscienza che, nonostante fosse ancora confuso con l’hack ‘n slash, c’era un nuovo genere sul tavolo dell’action videoludico.


Eccoci quindi alla fine di questa puntata. In questa prima parte abbiamo trattato le origini del brand, scoprendone le radici nascoste nate sulla leggendaria console grigia di casa Sony. Nella parte successiva parleremo delle successive sperimentazioni e dei piccoli rinnovamenti che hanno segnato il brand nel corso del primo decennio del XXI secolo. Grazie per la lettura e continuate a seguirci!

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